La balbuzie è una condizione in cui l’eloquio è caratterizzato dalla frequente ripetizione o dal prolungamento di suoni, sillabe o parole o da frequenti pause ed esitazioni che disturbano il flusso ritmico del parlare. Questa condizione si riflette sulle relazioni interpersonali, sul benessere personale e psicologico. La balbuzie primaria, frequente nei bambini sotto i 3 anni che prolungano o ripetono le sillabe, solitamente fa parte del normale processo di apprendimento del linguaggio e tende a risolversi con il tempo. È il caso di intervenire quando la balbuzie continua in modo marcato al di sopra dei quattro anni. La balbuzie secondaria si manifesta dai 4 ai 6 anni e tende a consolidarsi nel tempo. In questo tipo di balbuzie i blocchi e i prolungamenti delle sillabe sono più frequenti, accompagnati da ansia o da sintomi somatici. Non appena si sospetti che la mancata fluenza nel linguaggio del proprio figlio sia frequente e invalidante occorre rivolgersi ad uno specialista del linguaggio, con esperienza di lavoro sulla balbuzie. E' importante intervenire tempestivamente, poiché la ricerca ha stabilito che la prognosi è tanto migliore quanto è minore l'intervallo temporale che separa l'insorgenza della balbuzie dal primo intervento terapeutico, onde evitare che la balbuzie diventi refrattaria a qualsiasi intervento terapeutico. L'obiettivo primario della terapia è evitare la cronicizzazione, aiutando il bambino a usare le tecniche di modificazione della fluenza al fine di diventare un'efficace comunicatore, riducendo il numero delle disfluenze ed eliminando condotte di evitamento. La terapia della balbuzie è particolarmente diversificata a seconda dell'età del bambino e può essere diretta (con il bambino) o indiretta (con la famiglia) o mista (bambino e famiglia), associando spesso l’intervento logopedico a quello psicologico. La cosa più importante da fare, quando il proprio figlio balbetta, è essere come genitori dei buoni comunicatori in modo da fornire un modello verbale che potrà essere facilmente appreso e riprodotto dal bambino. È importante mantenere il contatto oculare mentre si parla al bambino o lo si ascolta, non anticipare il suo pensiero, finendo le parole o le frasi pronunciate, non mettergli fretta mentre parla, farsi vedere interessati a quanto dice e non a come lo dice, cercare di parlare usando un tono di voce calmo, rilassato e lento, ridurre il numero delle domande poste, rispettare i turni comunicativi, usare forme verbali, frasi e parole che siano comprensibili. Dott.ssa Daniela Rosella Psicologa Psicoterapeuta
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